Vent’anni fa, un lavoratore italiano guadagnava di più – a parità di età e ruolo – rispetto a oggi. È questo il dato chiave che emerge dal report pubblicato da Dataroom a firma Gabanelli-Ravizza su Corriere.it. Un’analisi puntuale e impietosa: dal 2004 al 2024 le retribuzioni reali sono calate o rimaste ferme, mentre inflazione, costo della vita e pressione fiscale sono aumentati.
Il risultato? Una popolazione che lavora tanto, guadagna poco, e consuma con sempre maggiore cautela. Ma che cosa significa questo per chi fa impresa e comunicazione? Le conseguenze non sono solo economiche. Sono culturali, reputazionali e profondamente strategiche per chi si occupa di marketing.
Chi ha meno disponibilità economica pesa ogni acquisto. In un mercato così, vince chi sa raccontare in modo autentico il valore reale del prodotto o servizio, e non solo il prezzo. Le aziende devono:
- comunicare chiaramente ciò che rende il prodotto utile, durevole o significativo;
- abbandonare il linguaggio gonfiato e passare a una narrazione empatica e concreta;
- valorizzare la customer experience come parte del valore percepito.
Nel contesto attuale, un brand che comunica solo lusso, spensieratezza e abbondanza rischia di apparire fuori dal mondo. Le persone non si fidano di aziende che sembrano vivere in una bolla. L’immagine pubblica deve tenere conto:
- delle condizioni sociali reali (stipendi, precarietà, inflazione);
- dell’importanza della responsabilità sociale d’impresa, anche in termini di trattamento del personale;
- dell’empatia come asset reputazionale.
Le aziende che riconoscono il momento storico e si pongono in ascolto, vincono sul lungo periodo.
Il report rivela una crepa sistemica che cambia il contesto in cui comunichiamo. Il marketing del futuro prossimo dovrà:
- raccontare l’impatto reale di un prodotto sulla vita quotidiana;
- proporre soluzioni, non solo desideri;
- costruire una relazione autentica con un pubblico disilluso ma ancora attento.
Chi riesce a diventare un brand utile, che semplifica la vita, che dimostra sensibilità verso il contesto economico e sociale, sarà premiato in fedeltà.
Il marketing non può ignorare i dati. L’Italia che lavora è in affanno, e chi fa impresa deve guardare in faccia questa realtà. Serve una comunicazione meno aspirazionale e più relazionale, che consideri il cambiamento in atto non come un ostacolo, ma come un’occasione per rivedere le proprie priorità: dare voce ai bisogni delle persone, non solo promuovere i prodotti.
Chi parla in modo autentico, guadagna fiducia. E nel lungo periodo, anche mercato.